Viraggi vintage, bianco e nero “sbiadito”, fotografie artisticamente micro mosse o sfuocate. Oltre a questo va di moda il Selfie. Non confondiamo però, per favore, la cacca con il cioccolato. Il selfie è una cosa e l’autoritratto è un’altra.
Non ho mai amato l’autoritratto, fosse anche solo perché “ero pigro”. Mettere la fotocamera sun un treppiede, comporre l’inquadratura, autoscatto, corri in posa … che palle. E poi preferisco farle agli altri le fotografie, sono abituato a stare dietro l’obiettivo e non davanti.
Poi capita che mi iscrivo al GSFP e “…patatam !!!”; una delle esercitazioni è proprio l’autoritratto, anzi, in realtà più d’una. Mi cimento, ci provo, faccio fatica, ma alla fine sono soddisfatto. L’autoritratto mi insegna, tra le altre cose, come ci si sente dall’altra parte; all’inizio un po’ idiota. Ma poi ti abitui e impari a raccontarti invece che raccontare gli altri. Impari a coglierti nel modo che meglio traduce il tuo stato d’animo, il tuo “modo”. Altro che cazzate; l’autoritratto è difficile, impegnativo, introspettivo e intrigante. Continua a non essere una cosa che amo particolarmente, ma lo pratico quando posso, fosse anche solo come esercizio; fotografico e non.
Una delle cose che mi sono ripromesso di fare è continuare in questo esercizio, esercizio fotografico introspettivo. Altri lo fanno davvero bene, raccontandosi con un loro linguaggio, una loro dialettica e un loro stile. Alcuni mi piacciono altri meno.
Ancora grazie a Sara, per avermi portato (a pseudocalcinculo) dentro a questa nuova esperienza e grazie ad Alle per continuare a stupirmi con i “suoi” autoritratti e a essere una importante fonte di ispirazione.
Dall’esercitazione n.9 GSFP 2014
Dall’esercitazione n.14 GSFP 2014
Dal progetto personale “#365“
Dall’esercitazione n.4 GSFP 2014